di Francesca Citro e Graziano Concilio
Cari lettori qualche settimana fa alcuni colleghi del giornale hanno avuto modo di partecipare al quarto congresso sull’autismo. L’appuntamento verteva sull’inclusione dei diversamente abili nel mondo del lavoro perché è ancora molto bassa la percentuale di persone con disabilità inserite in un contesto lavorativo.
Il problema di fondo è che sia i giovani che le famiglie non vedono benefici nel lavoro, ma soprattutto le famiglie credono che siano solo parole. Per questo l’Università degli Studi di Salerno sta pensando di far incontrare ai giovani in questione varie aziende con le quali possono confrontarsi in modo da trovare il lavoro a loro più congeniale. Si è pensato di agire in questo modo perché quando la richiesta partiva dalle aziende chiedevano “disabili meno disabili” e questa non può essere una vera inclusione nel mondo del lavoro.
L’autismo per chi con le diverse abilità ci lavora non è certo sconosciuto, ma quanto ne sanno realmente i non “addetti ai lavori”?
È un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da un deficit della comunicazione verbale e non che provoca ristrettezza d’interessi e comportamenti ripetitivi. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione.
La chiusura o isolamento autistico – che è quello che da il nome a questa patologia – si attua prevalentemente nei confronti del mondo esterno e può essere involontario o istintivo, ma a volte è usato anche come stratagemma in caso di difficoltà.
Le persone che stanno accanto a bambini o adulti con sintomi di autismo spesso cercano di riportarli alla realtà utilizzando modi non adeguati come i rimproveri o i richiami, mentre sarebbe molto più utile riuscire a creare una relazione efficace adoperando la massima dolcezza ad esempio giocando con loro senza costrizioni o condizionamenti.
Il mondo interiore di queste persone è composto da una situazione nella quale si è in difficoltà e questa provoca angoscia, ciò impedisce il controllo del pensiero sulle attività che si vogliono svolgere. I soggetti con sintomi di autismo avvertono che le persone con le quali si rapportano spesso non sono in grado di capire il loro mondo interiore e mettono in campo varie strategie per allontanare il dolore di questa scoperta.
Tina J Richardson diceva: “E’ giunto il momento di curare la società non le persone affette da autismo”.
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