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16 Marzo 1978, 53 annni dall’agguato ad Aldo Moro,

di ANTONIO RAIMONDI

Ieri 16 marzo nell’anno 1978, 53 anni fa, all’incrocio tra via Stresa e via Fani, a Roma, alle 9:02 di mattina, il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, venne rapito dalle Brigate rosse in un agguato, nel quale rimasero uccisi 5 membri della sua scorta.

Questo tragico fatto di sangue degli anni di piombo, portato a termine con successo dai brigatisti rossi, fu il primo atto del rapimento dell’esponente politico che si concluse dopo 55 giorni con il ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani. Giovedì 16 marzo 1978 a Roma era previsto il dibattito alla Camera dei deputati e il voto di fiducia per il quarto Governo presieduto da Giulio Andreotti: si trattava di un momento di grande importanza poiché, per la prima volta dal 1947, il PCI avrebbe concorso direttamente alla maggioranza parlamentare che avrebbe sostenuto il nuovo esecutivo.

Principale artefice di questa complessa e difficoltosa manovra politica era stato Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. Con un faticoso lavoro di mediazione e sintesi politica, Moro, che aveva intrapreso approfonditi colloqui con il segretario comunista Enrico Berlinguer, era riuscito a sviluppare il rapporto politico tra i due maggiori partiti italiani usciti dalle elezioni del 1976, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, nel così noto Compromesso storico.

La presentazione delle dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Andreotti alla Camera dei deputati era stata fissata per le 10:00 del 16 marzo e fin dalle 8:45 gli uomini della scorta di Aldo Moro erano in attesa, fuori dalla sua casa in via del Forte Trionfale 79, che l’uomo politico uscisse dalla propria abitazione per accompagnarlo in Parlamento. Aldo Moro scese qualche minuto prima delle 9:00 e venne accompagnato dal maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, suo fedele collaboratore da molti anni, all’auto di rappresentanza, una Fiat 130 berlina non blindata, dove si sedette sui sedili posteriori. Subito dopo il piccolo convoglio, l’auto del presidente e quella della scorta, si mise in movimento in direzione di via della Camilluccia. Prima di raggiungere la Camera dei deputati era prevista l’abituale sosta nella Chiesa di Santa Chiara. Alle ore 9:00 circa in via Mario Fani, quartiere Trionfale, l’auto con a bordo Aldo Moro e quella della scorta furono bloccate all’incrocio con via Stresa da un gruppo di terroristi che aprirono immediatamente il fuoco, uccisero in pochi secondi i cinque uomini della scorta e sequestrarono Moro. I terroristi ripartirono subito su diverse auto e fecero perdere le loro tracce. In via Fani rimasero la Fiat 130, targata «Roma L59812» su cui viaggiava Moro, con i cadaveri dell’autista, appuntato dei carabinieri Domenico Ricci (42 anni) e del responsabile della sicurezza, maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi (52 anni), e l’Alfa Romeo Alfetta targata «Roma S93393» degli agenti di scorta con a bordo il cadavere della guardia di P.S. Giulio Rivera (24 anni) e il vicebrigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi (30 anni) gravemente ferito ma ancora in vita; riverso supino sul piano stradale, vicino all’auto, rimase anche il corpo della guardia di P.S. Raffaele Iozzino, 24 anni. Davanti alla Fiat 130 rimase un’auto Fiat 128 familiare con targa del corpo diplomatico «CD 19707», ferma all’incrocio e abbandonata dai suoi occupanti.

Bellissima e appassionante descrizione di quei tragici eventi la diede il professor Barbero al festival della mente nel 2018, raccontando ciò che si sa abbastanza di sicuro ai quali aggiungie curiosità storiche poco note ai più.

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