In riferimento all’oggetto e facendo seguito alle nostre precedenti note NN° 433 e 434 del 13/03/2020 e 601 del 25 marzo 2020, corre l’obbligo alla scrivente mettere in evidenza alcuni dati, alla luce dell’evoluzione che sta avendo l’epidemia e il contagio in Campania e soprattutto sul nostro territorio, al 5 aprile 2020, ovviamente su dati di rilievo che potrebbero non essere quantificati con estrema precisione, vista la particolare situazione attuale:
ITALIA: contagiati 128.948 e decessi 15.887;
CAMPANIA: contagiati 3.068 e decessi 189;
SALERNO E PROVINCIA: contagiati 437 e decessi 40.
Il dato dei contagi rapportati tra loro sul territorio nazionale e regionale, mostrano che quelli campani determinano un dato percentuale del 2,3% nel mentre quelli salernitani dello 0,3% sull’intera Italia e del 14,2% sull’intera regione.
In tutta la nazione i decessi equivalgono a 15.887, di cui solo 189 in tutta la Campania, la qual cosa rispecchia un dato in percentuale del 1,1% nel mentre quelli della provincia di Salerno (40) comparati sui territori nazionali e regionali sono rispettivamente del 0,2% e del 21,1%.
Dalla lettura dei dati emerge una situazione che, rapportata al resto del paese e anche all’interno della nostra regione, ovviamente rispetto all’andamento complessivo, di controllo e di contrasto all’epidemia in corso, resa ancor più meritevole di attenzione a causa delle difficoltà nell’approvvigionamento dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), dell’impreparazione logistica e strutturale e della novità nefasta delle modalità di contagio, allo stato non del tutto individuate.
Appare evidente che bisogna valutare positivamente tanto le strategie messe in campo dalle direzioni strategiche di entrambe le strutture sanitarie salernitane – ASL e Azienda Ospedaliero Universitaria di Salerno – quanto e soprattutto la professionalità, dedizione al lavoro e coraggio di quanti non hanno fatto un passo indietro, nonostante la consapevolezza del rischio incombente di contrarre infezione e di trasmetterla a familiari e congiunti.
Ovviamente il tutto non ci esime dalla necessità di utilizzare ogni forma d tutela a partire dal monitoraggio e dallo screening di tutti gli operatori coinvolti, ovviamente cercando con ogni mezzo di dotarli dei DPI, anche alla luce del fatto che sono arrivati a 89 i deceduti appartenenti all’area medica, con un incremento del 30% circa rispetto al 31/03/2020 e quasi altrettanti, riferiti all’area del comparto in tutta Italia, nel mentre è salita ad oltre il 10% la quota di contagiati del personale dei livelli sul totale delle infezioni contratte.
Rispetto alle precedenti note, si ribadisce la necessità in questo momento di grande difficoltà, di fronte ad un fenomeno che ritenevamo impensabile e che ci ha colto impreparati, avviare i servizi interni, avendone le professionalità, di sostegno ai medici e a tutti gli operatori sanitari che quotidianamente lavorano senza sosta per far fronte all’emergenza Coronavirus mettendo a rischio la propria salute sia fisica che psicofisica.
A tal proposito sarebbe opportuno attivare, senza ulteriori deroghe e ritardi, utilizzando professionisti psicologi ovvero psicoterapeutici interni all’ente, un servizio a supporto psicologico per medici e operatori sanitari impegnati sul campo dell’emergenza Coronavirus, con l’obiettivo di fornire consulenza e sostegno psicologico al personale sanitario che affronta situazioni di grande stress con lo scopo di prevenire stati di disagio psicologico in una situazione che richiama sentimenti ed emozioni profondamente difficili sia per gli individui, sia per i gruppi di lavoro.
Da ultimo ma non per ultimo, partendo dal presupposto che nell’ambito dei servizi sanitari è sempre fondamentale prendersi cura della salute fisica e mentale dei curanti, di fronte alla gravità dell’attuale condizione di emergenza appare imprescindibile prendersi cura dei medici e degli operatori sanitari impegnati quotidianamente sul campo della competizione con il COVID-19, molti dei quali, se non la totalità di essi, oltre al carico fisico e di responsabilità, sostengono un carico emotivo in queste situazioni di emergenza, che possiamo definire “estreme” da un punto di vista umano, per l’alto numero di perdite e la sofferenza che sono costretti ad affrontare quotidianamente.
Molti operatori non tornano a casa e alloggiano in strutture alberghiere o di fortuna, a causa della distanza del luogo di lavoro dalla abituale residenza.
In alcuni casi gli stessi operatori hanno un ulteriore carico emotivo solo ed esclusivamente per il semplice fatto di dover rientrare a casa per la paura di coinvolgere i familiari.
Per tale ragione si chiede di attivare convenzioni, che potrebbero essere anche in forma gratuita come avviene in tutte le moderne democrazie occidentali, con strutture atte ad alloggiare provvisoriamente e per la durata dell’emergenza in atto, il personale sanitario che ne faccia richiesta, anche in considerazione che molti dottori, infermieri e personale sanitario e socio-assistenziale sono costretti a lunghi turni di lavoro e potrebbero non essere in grado di rientrare a casa, oppure costretti a fare lunghi spostamenti.
Non stiamo facendo male il nostro lavoro, ma ciò non ci impedisce di poterlo fare meglio.
Il Segretario Generale
Pietro Antonacchio
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