di Carlo Noviello
Lo scorso 11 dicembre la ResQ ha ripreso il mare. Questa nuova missione parte con un nuovo membro dell’equipaggio: la famiglia di Mario Landi, infatti, ha deciso di contribuire con una donazione affinché la nave potesse prendere il largo quanto prima, per realizzare il suo fine istituzionale: salvare vite.
Dopo alcuni mesi di sosta forzata, dovuti alle necessità di attrezzare nuovamente l’imbarcazione, dall’equipaggio a tutto il necessario per affrontare il mare e le situazioni di emergenza, la nave è potuta ripartire per raggiungere il Mediterraneo e ha già salvato la vita di sessantatré persone.
Il nostro ringraziamento all’equipaggio per tutto quanto ha fatto e farà ancora. Nonostante si cerchi sempre più di impedire il salvataggio in mare, ResQ resta un piccolo-grande presidio etico e morale nel mezzo dell’immenso mare di ipocrisia e menefreghismo che ci circonda. Questa volta con l’equipaggio c’è anche Mario e attraverso i loro occhi vi raccontiamo, grazie alle notizie che ci vengono direttamente dalla nave, questi giorni di navigazione, cosa che continueremo a fare per tutto il tempo che solcherà il Mediterraneo.
Il giorno successivo alla partenza l’equipaggio è stato impegnato in un medical training per mettere a punto tutto ciò che è necessario fare nel caso ci si trovi di fronte a persone ferite, prive di coscienza o non in grado di sostenersi autonomamente, provate dal freddo, dalla mancanza di acqua, di cibo e dal lungo viaggio. Poi le esercitazioni sono continuate con un training in mare aperto con i RHIB acronimo di Rigid Hull Inflatable Boat (battello gonfiabile a chiglia rigida). Sono le unità veloci che vengono utilizzate per avvicinare senza creare pericoli le piccole imbarcazioni precarie con i naufraghi.
Dopo soli due giorni di navigazione, la nave ha documentato due intercettazioni della Guardia Costiera libica in zona SAR maltese. Queste due sono state viste e fotografate, ma si sa per certo che le intercettazioni sono state molte di più. È, purtroppo, terribile dover guardare impotenti uomini, donne e bambini sui ponti delle motovedette libiche. Sappiamo benissimo che cosa significa essere riportati in Libia alla prigionia, gli stupri, le torture e le estorsioni. Conosciamo le gravissime violazioni dei diritti umani commesse dalla Guardia Costiera Libica finanziata con i soldi dei cittadini e delle cittadine italiane ed europee.
Anche il giorno successivo si è potuto solo assistere a quanto stava accadendo nel made di fronte agli occhi e alle orecchie dell’equipaggio: almeno 349 persone hanno cercato di attraversare il mare, qualcuna è stata soccorsa, alcune sono annegate o sono state respinte illegalmente in Libia.
Nella mattinata del 15 dicembre si è riusciti ad intervenire in tempo nei confronti di un’imbarcazione in difficoltà. Sessantatré persone, tra i quali sei minori, sono stati tratti in salvo. Subito dopo le autorità tunisine hanno impedito il soccorso di un’altra imbarcazione con a bordo quarantasette persone che chiedevano aiuto. Una di loro sembrerebbe essere caduta in acqua.
Oggi la nave ha attraccato a Porto Empedocle, dopo esserle stato negato il porto di Lampedusa, richiesto dal comandante per evitare ore di navigazione, soprattutto per le cattive condizioni del mare. Le sessantatré persone salvate da morte certa, sono finalmente a terra, per poter ricevere tutto il necessario dopo ore di permanenza in mare aperto e dopo tutto quello che avranno certamente affrontato prima di prendere il mare.
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