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“Per Elisa”, il caso Claps tra serie tv e misteri ancora irrisolti

di FRANCESCA CITRO & GRAZIANO CONCILIO

Per Elisa il caso Claps è la nuova serie TV che racconta una ferita importante: una ferita che ha segnato la storia italiana per molti anni e che il regista Marco Pontecorvo porta sul piccolo schermo con accuratezza. In onda da martedì 24 ottobre su Rai 1 alle 21: 30 e su Rai Play: è composta da sei episodi trasmessi in tre serate da cento minuti l’una fino al 7 novembre salvo cambi di programmazione.

Elisa Claps scomparve nel 1993. I suoi resti furono ritrovati dopo 17 anni nel sottotetto della chiesa dove fu vista per l’ultima volta. Per il suo omicidio, è stato condannato Danilo Restivo. Ma non tutti i nodi si sono sciolti. Aveva solo 16 anni quando scomparve. La speranza che potesse essere ancora viva è rimasta flebilmente accesa per 17 anni, fino a quando i resti di Elisa Claps sono stati ritrovati nel sottotetto della chiesa Santissima Trinità di Potenza. Per la sua morte è stato condannato Danilo Restivo, ma il caso attorno alla scomparsa e al ritrovamento del corpo di Elisa rimane ancora in parte avvolto nel mistero. Il 12 settembre del 1993 era una domenica. Elisa Claps, una studentessa di 16 anni, che frequentava il terzo anno del liceo classico di Potenza, era uscita di casa insieme a un’amica, ma entro le 13.00 avrebbe dovuto rientrare per raggiungere la famiglia per il pranzo in campagna. Alle 11.30 si era allontanata dall’amica, Eliana, sostenendo di dover incontrare nella chiesa della Santissima Trinità Danilo Restivo, un ragazzo di qualche anno più grande che le aveva dato un appuntamento la sera prima per consegnarle un regalo. Da quel momento, di Elisa si persero le tracce. Restivo dichiarò successivamente a Chi l’ha visto? di aver incontrato la sedicenne in chiesa, dove si era appena conclusa la messa, ma sostenne di aver visto la ragazza allontanarsi verso la porta principale. “Io- aveva detto-mi sono soffermato in chiesa a pregare“.

 

Quando Elisa Claps non si presentò al pranzo, i famigliari si allarmarono: la 16enne era scomparsa. Gli investigatori l’hanno cercata ovunque, tranne nell’ultimo posto dove era stata vista, la chiesa. E infatti, Elisa Claps, era proprio lì, come si scoprirà nel 2010, al ritrovamento dei resti. “È surreale”, commenta a ilGiornale.it Fabio Sanvitale, giornalista investigativo ed esperto di cold cases, che insieme all’esperto della scena del crimine Armando Palemegiani ha scritto il libro Il caso Elisa Claps. Storia di un serial killer e delle sue vittime. Ma perché gli inquirenti non perquisirono la chiesa? “Forse fu una forma di rispetto nei confronti del parroco- ipotizza Sanvitale – o l’incredulità in un possibile coinvolgimento della Chiesa”. Il giorno della scomparsa, inoltre, il parroco era andato fuori città dopo le messe della mattina, per un viaggio già programmato e quando il fratello di Elisa, Gildo Claps, andò a cercarla in chiesa, la porta che conduce alla parte superiore era chiusa. Qualche ora dopo la scomparsa di Elisa, alle 13.45, Danilo Restivo si presentò al pronto soccorso dell’ospedale di Potenza per farsi medicare alla mano. Ai medici che gli chiesero spiegazioni, raccontò di essersi ferito cadendo da una scalinata, mentre si trovava, senza un motivo preciso, in uno dei cantieri delle scale mobili, all’epoca in costruzione. La versione del ragazzo, però, non convinse gli inquirenti, dato che “il lasso di tempo che rimane sguarnito di prova a causa delle sue false dichiarazioni corrisponde sinistramente a quello in cui si sono perse le tracce di Elisa Claps“. Restivo, infatti, non era riuscito a spiegare i suoi spostamenti dalle 12.00 alle 13.30 di quel 12 settembre e rappresentava anche l’ultima persona ad aver visto la ragazza viva. Nonostante i sospetti, Restivo venne lasciato libero di andare a Napoli per un concorso, poi di lasciare Potenza e perfino l’Italia. Ai tempi della scomparsa di Elisa, il ragazzo era conosciuto per un gesto particolare, che spesso praticava ai danni di diverse ragazze: si appostava dietro di loro, solitamente mentre si trovavano a bordo dei bus, e tagliava delle ciocche di capelli. Nel 1999 sembrarono riaccendersi le speranze di ritrovare Elisa: al sito dedicato alla ragazza dai familiari arrivò una mail, secondo cui la 16enne si trovava in Brasile, stava bene, ma non voleva rivedere la famiglia. In realtà, la mail risulterà spedita da Potenza e gli inquirenti sospetteranno proprio Danilo Restivo. Dieci anni dopo, nel 2009, l’informativa conclusiva della procura di Salerno indicò Danilo Restivo come unico accusato per l’omicidio preterintenzionale di Elisa Claps, in conseguenza a una pulsione sessuale.

 

Nel 1993, a scagionare Restivo, l’ultima persona ad aver visto viva la 16enne, intervennero involontariamente alcuni testimoni. Tre persone, infatti, dichiararono di aver visto Elisa viva, nel lasso di tempo in cui Danilo non aveva un alibi. Il primo dichiarò di averla vista alle 12.45, mentre usciva dalla porta laterale della chiesa, il secondo di averla vista passando in auto e il terzo di averla incrociata più tardi su una scalinata e di averla salutata. Per questo, gli inquirenti si convinsero che Elisa fosse uscita viva dopo l’incontro con Danilo: “Fu un inghippo imprevedibile – spiega Sanvitale – che avrebbe fatto fare confusione a chiunque. Si è trattato di testimoni che, in buona fede, si sono sbagliati. Anche per questo fu difficile venire a capo del caso”. Si scoprì, poi, che le versioni dei testimoni erano traballanti e presentavano alcune incongruenze. Il primo, infatti, aveva visto Elisa uscire dalla chiesa con la coda dell’occhio, mentre camminava, segno che poteva facilmente essersi sbagliato. Il secondo descrisse il motorino di Eliana, che però quel giorno non era stato usato dalla ragazza, mentre il terzo dichiarò di aver salutato Elisa, senza aver ricevuto risposta. Quella ragazza, quindi, non era la Claps. Anche l’orario riferito dall’ultimo testimone non combaciava e lasciava aperti i dubbi: Gildo, infatti, all’ora dichiarata dall’uomo, era in fondo alla stessa scalinata e dichiarò di non averlo incontrato. Inoltre, in testimonianze successive, l’orario dell’avvistamento fu cambiato: “Probabilmente, il testimone aveva confuso un momento verificatosi precedentemente, collocandolo la mattina della scomparsa di Elisa”, spiega Sanvitale, ricordando come spesso i testimoni oculari siano poco attendibili, perché in generale i ricordi sono molto labili e la memoria è “totalmente e continuamente fallace”. “Queste testimonianze hanno fornito un alibi a Restivo”, mandando in confusione le indagini, perché gli inquirenti non hanno colto e approfondito i “campanelli d’allarme” che indicavano le incongruenze. Nel frattempo, Restivo si era stabilito in Inghilterra, a Bournemouth, cittadina a sud ovest di Londra. In quel periodo, proprio nella casa di fronte a quella dove l’uomo abitava con la moglie, era stato scoperto un omicidio: il 12 novembre del 2002, la sarta 48enne Heather Barnett era stata trovata morta in casa. Il corpo era stato mutilato e nelle mani era state trovate due ciocche di capelli non appartenenti alla vittima. Gli inquirenti si erano concentrati su Restivo, che sembrava fosse già stato a casa della donna, per commissionarle delle tende: dopo quell’incontro Heather non era più riuscita a trovare le chiavi di casa e aveva dovuto cambiare la serratura. Inoltre, la strana coincidenza delle ciocche di capelli tagliati aveva fatto fiutare alla polizia inglese una possibile pista relativa a Danilo Restivo. Per questo, dopo un viaggio in Italia effettuato per conoscere i dettagli del caso Claps, gli investigatori avevano chiesto se ad altre donne fossero state tagliate ciocche di capelli a Bournemouth: 5 risposero affermativamente, due delle quali riconobbero Restivo come l’autore dello strano gesto.

Il 19 maggio 2010, l’uomo venne fermato dagli agenti inglesi e accusato di omicidio e, il 30 giugno del 2011, venne condannato all’ergastolo. “Lei non uscirà mai di prigione“, disse il giorno della sentenza il giudice Michael Bowes, sostenendo che Restivo uccise “Heather come ha fatto con Elisa“, riferendosi al caso Claps. Il 17 marzo del 2010, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, durante dei lavori di manutenzione, viene trovato un corpo. È la svolta del caso Claps. I resti, si scoprirà con l’esame del Dna, sono quelli di Elisa. Secondo il procuratore generale di Salerno, “Danilo Restivo uccise Elisa Claps il 12 settembre 1993 colpendola 12 volte al torace con un’arma da punta e taglio, dopo un approccio sessuale rifiutato dalla ragazza”. Stando alla ricostruzione, dopo aver colpito Elisa, l’uomo ”l’ha trascinata in un angolo del sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, coprendo il cadavere con materiale di vario tipo, fra cui tegole e materiale di risulta”. L’autopsia svolta sui resti ha rivelato che la 16enne venne uccisa “proprio la mattina del 12 settembre 1993, esattamente negli stessi luoghi in cui aveva incontrato Danilo Restivo. Il corpo è sempre rimasto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, dove poi è stato trovato”. Dopo l’omicidio, l’assassino ha tagliato alcune ciocche di capelli. Le conclusioni della perizia, rese note anche da Ansa, che pubblicò il documento risalente al 10 aprile 2010, parlano di “almeno 12 lesioni da punta e taglio“, sferrate presumibilmente in due momenti diversi. La ricostruzione, infatti, ipotizza “due momenti lesivi“: nel corso del primo, la vittima avrebbe voltato le spalle all’aggressore, che la avrebbe colpita posteriormente, mentre nel secondo momento, l’omicida avrebbe colpito la ragazza ripetutamente. Inoltre, il fatto che la ragazza sia stata trovata con i pantaloni abbassati e il reggiseno slacciato e rotto fa “supporre che l’aggressione mortale possa essere accorsa nel corso di atti sessuali“.

 

Alla luce delle nuove rivelazioni, il 22 maggio 2010, fu emesso un mandato di arresto europeo per Danilo Restivo, accusato dell’omicidio di Elisa Claps. Tra i reperti presi in considerazione dopo i sopralluoghi nel sottotetto, c’era anche la maglietta che Elisa indossava. Lì, la prima perizia genetica aveva trovato tracce di sangue misto, da cui venne estratto il Dna: oltre a quello della 16enne, c’era anche quello di Restivo. “Dentro di me l’ho sempre saputo – aveva commentato la mamma della vittima, Filomena Iemma – Elisa me l’ha sempre fatto capire. Quando sono usciti i primi risultati del professor Pascali, avevo tanta rabbia. Elisa mi aveva detto che su quella maglia bianca c’era la firma dell’assassino. Avevo chiesto due grazie: la prima era quella di riavere indietro i resti di Elisa, la seconda era avere la prova che Danilo fosse l’assassino“. Il 13 maggio 2011, la procura chiude le indagini preliminari, con Restivo come unico indagato, e il 2 luglio i familiari possono finalmente dare l’ultimo saluto a Elisa Claps. Ma attorno al ritrovamento dei resti della 16enne il mistero non è ancora del tutto risolto. Come spiega Fabio Sanvitale, infatti, “Elisa fu trovata prima“. Quando trovarono il corpo nel 2010, sopra i resti c’erano alcune tegole come copertura, mentre altre erano appoggiate al muro, segno che qualcuno le tolse prima. Inoltre, qualche anno dopo la scomparsa, vennero fatti dei lavori per sistemare il soffitto a cassettoni della chiesa: uno dei perni inseriti si trovava a pochi centimetri dal braccio di Elisa. Non solo. La parrocchia ospitava anche un centro di aggregazione giovanile: come racconta Sanvitale, nella soffitta in cui è stata ritrovata Elisa, c’era anche un materasso, con evidenti segni di rapporti sessuali. Nessuno, però, accennò mai alla presenza di un corpo in soffitta. L’unica persona che provò a fare qualcosa fu il responsabile di una ditta, incaricata di portare via vecchi oggetti: l’uomo chiamò la polizia, indicando la presenza di un corpo negli scantinati della chiesa. La polizia, a quel punto, andò a perquisirli, ma ovviamente non trovò nulla, perché Elisa non era negli scantinati. Si trattò, forse, di un tentativo di far ritrovare la ragazza, spingendo gli inquirenti sulla pista giusta, ma senza parlare chiaramente. “Elisa poteva essere trovata 17 ore dopo la scomparsa, se si fosse perquisita la chiesa – spiega Sanvitale- o pochi anni dopo, se qualcuno avesse parlato“. Il 3 giugno 2011, la procura chiese il rinvio a giudizio per Danilo Restivo: l’accusa è di omicidio volontario aggravato. L’8 novembre dello stesso anno iniziò il processo in primo grado, svolto con rito abbreviato. Dati i molti anni passati dalla scomparsa di Elisa Claps, diversi reati risultarono prescritti e la possibilità dell’ergastolo venne esclusa, facendo richiesta per i 30 anni di carcere. E l’11 novembre 2011, Restivo venne condannato in primo grado a 30 anni. Oltre al carcere, all’uomo venne imposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, 3 anni di libertà vigilata al termine della pena e il pagamento di 700mila euro come risarcimento. Due anni dopo si svolse, a Salerno, il processo di secondo grado, che ebbe inizio il 20 marzo 2013. “Se veramente una sola volta, nella vita misera che ad oggi ha condotto, Danilo Restivo vorrà dire la verità e allora vale la pena sopportare l’ennesimo strazio di incontrarlo e di ascoltarlo”, aveva dichiarato Gildo Claps, fratello di Elisa, il giorno prima dell’inizio del processo d’appello. L’11 marzo dello stesso anno, Restivo venne estradato temporaneamente in Italia (dall’Inghilterra, dove stava scontando la pena dell’ergastolo per l’omicidio di Heather Barnett) per poter essere presente al processo.

 

Il 24 aprile 2013, il giudice d’appello condannò nuovamente l’uomo ai 30 anni di carcere, pena successivamente confermata anche dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 23 ottobre 2014. Nel libro, Sanvitale e Palemegiani parlano di Restivo come di un serial killer, perché “bastano omicidi con determinate caratteristiche per identificare l’assassino come un serial killer“. L’assassino di Elisa Claps, ora, è stato trovato e molti dubbi sul caso sono stati sciolti. Ma qualcosa ancora non torna. Per esempio non è ancora chiaro il ruolo della moglie di Restivo, con cui viveva in Inghilterra: quanto conosceva il marito? Sapeva qualcosa degli omicidi? Poi c’è la questione dei presunti ritrovamenti precedenti la data ufficiale del 2010, e in generale dell’omertà attorno al caso Claps. Infine, rimane nebuloso anche il ruolo della famiglia di Restivo: sapeva dell’omicidio di Elisa? Ha fatto qualcosa per coprire il ragazzo? Quando Elisa scomparve, infatti, Danilo tornò a casa coi vestiti sporchi di sangue, che vennero poi lavati. Inoltre, quel giorno, padre, figlio e madre, si chiusero in una stanza per 15 minuti a parlare: cosa si sono detti? Danilo ha confessato l’omicidio? Domande che restano aperte e che avvolgono ancora il caso Claps nel mistero. Secondo Fabio Sanvitale, quello che colpisce di più di questo caso è che “Restivo poteva essere fermato prima, la donna inglese avrebbe potuto salvarsi. Si poteva lavorare di più, nonostante le difficoltà“. Non solo: “Danilo poteva essere fermato prima della morte di Elisa dalla famiglia“. Già in passato, infatti, Restivo aveva mostrato dei comportamenti preoccupanti, da telefonate anonime o a sfondo sessuale, al taglio delle ciocche di capelli delle ragazze, fino al ferimento di un compagno di classe. Come risposta di questi comportamenti, la famiglia reagì allontanando il figlio o controllando la quantità delle sue telefonate. “Quello che sconvolge maggiormente è che in tanti avrebbero potuto dire, ma in questo caso, l’omertà delle persone si è incastrata con la chiusura della famiglia“.

RIFLESSIONE PERSONALE

Cari lettori siamo ancora una volta difronte ad un caso dove molte persone si sono chiuse nel silenzio pur sapendo tanto quindi lo scopo di questo scritto non è tanto quello di ripercorrere il caso ma far riflettere le persone sulle loro azioni in questo caso sbagliate sperando di sensibilizzare le coscienze in modo che chi sa trovi il coraggio di parlare perché solo così si può sperare di vivere in una società più giusta.

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