di MARINELLA MARINO
Sono passati 36 anni. Eppure c’è il dovere di non dimenticare. Giancarlo Siani, giornalista italiano assassinato dalla camorra a Napoli il 23 Settembre 1985, la sua uccisione fu ordinata dal boss Nuvoletta direttamente da parte del Capo dei Capi di Cosa Nostra, Toto’ Riina. Il motivo fu un articolo del 10 giugno 1985 in cui Siani, che collaborava come “abusivo”, in attesa di contratto, con il Mattino, informo’ l’opinione pubblica che l’arresto del boss di Torre Annunziata Valentino Gionta era stato possibile grazie ad una soffiata degli storici alleati Nuvoletta, che tradirono Gionta in cambio di una tregua con i Casalesi, guidati dal clan Bardellino, nel tentativo di spodestare e vendere alla polizia un nemico divenuto pericoloso scomodo e prepotente, per porre fine alla guerra tra famiglie.
Sull’assassinio di Giancarlo Siani, aveva 26 anni, c’è il tentativo da parte del Mattino (Il padre di Giancarlo, Mario Siani, era cronista dello stesso quotidiano) di riaprire una pista ormai fredda rimasta insoluta. Da ricordare una la lettera inviata a un’amica bolognese Chiara Grattoni in cui Siani dichiarava di essere in possesso di foto bellissime e notizie mai pubblicate per un dossier che sarebbe presto potuto diventare un libro mai più ritrovato. A proposito di cosa e di chi? Chiara, l’amica di Siani era stata sentita velocemente dopo il delitto, da un poliziotto bolognese e mai più convocata dai magistrati. Invece otto anni dopo rivela che Siani le aveva confidato di essere minacciato.
E’ uscito negli anni scorsi anche un film sulla vicenda di Giancarlo Siani, Fortapasc di Marco Risi, interpretato magistralmente da Libero De Rienzo, scomparso tragicamente pochi mesi fa, nella parte di Giancarlo Siani. L’auto usata nelle riprese del film, la Citroen Mehari di colore verde, era la vera auto del giornalista napoletano, ed è diventata negli anni un simbolo della lotta all’illegalità, alla criminalità organizzata.
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