Non ho un ricordo della prima partita vista insieme, così come non ricordo la prima volta che hai calcato i gradoni dell’Arechi. Ho sempre molta difficoltà a ricordare questi momenti, tanto che non ho memoria nemmeno della mia prima volta per la maglia granata. In questo caso parliamo però del Vestuti, della casa granata per eccellenza e di un periodo durante il quale dello stadio nuovo si parlava da tempo, ma sembrava dovesse restare solo un sogno nel cassetto.
Di certo all’epoca la serie A non era nei pensieri di nessuno, si agognava la serie cadetta, che sembrava il massimo del risultato possibile. Del resto non poteva essere altrimenti, visti i decenni in terza serie.
Ventitré anni fa era un sogno che si realizzava, perché al di là delle belle parole del coro “non tifo per gli squadroni ma tifo te”, in quel momento quella frase bisognava dimostrarla davvero, perché con quegli “squadroni” si doveva giocare e tifare “contro”. Non più seguire in tv le gesta delle maglie a strisce, le squadre per eccellenza di tre quarti del popolo calcistico, ma guardarle sul campo, mischiate alle casacche che un’intera città non vedeva l’ora di ammirare sui campi più importanti d’Italia e vederne le immagini a 90° Minuto prima e alla Domenica Sportiva poi.
Dopo tutti questi anni ci siamo nuovamente. In una condizione del tutto diversa, con un calcio del tutto diverso e dopo fallimenti, serie C, calcio dilettante…
Ma, nonostante tutto, quanto sono state belle le partite viste insieme. Le volte nelle quali abbiamo parlato del passato, degli artefici di quella bella cavalcata che hai potuto conoscere quando ormai avevano appeso le scarpette al classico chiodo, a differenza di me che li avevo visti giocare. Abbiamo vissuto le gradinate, ma anche il campo. Il prato verde che abbiamo potuto calcare insieme in più di un’occasione. Quanto è stato bello essere con te in campo. Eri ancora piccolo rispetto al ragazzo che poi sei diventato e così felice di essere lì, di scattare foto, con i vecchi e i nuovi protagonisti della storia e del colore di una città.
Ora ci siamo in questa serie e tu avresti fatto il tifo solo per quella maglia, perché sei uno dei pochi che può dirsi libero dagli “squadroni”.
La testa ti spinge ad essere legato alla realtà e la vita ti costringe a non darti altre possibilità, ma noi sappiamo che non è così.
Non so ancora se ci permetteranno di salire quelle scale tra qualche mese, so solo che se sarà così lo farò con il ricordo di quei scalini affrontati per la prima volta in questa categoria quel 20 settembre di ventitré anni fa e che questa volta lo farai con me. Correremo insieme a prendere il nostro posto e andremo via insieme alla fine della partita. Qualsiasi sia stato il risultato finale, i nostri cuori avranno battuto all’unisono, così com’è stato alle 15,56 di un 10 maggio indimenticabile, nel quale magari non l’avremmo vista insieme, magari saresti stato con i tuoi amici così come è giusto che sia, oppure saresti voluto venire da me ora che si poteva. Ma sono certo che la prima telefonata, il primo messaggio, oppure i primi abbracci sarebbero stati i tuoi.
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