L’esplosione di un popolo. Il sogno di una città. Il dolore di un’intera tifoseria per una tragica morte, quella che ha abbassato improvvisamente il volume di una festa sino a quel momento rumorosissima, prepotente, travolgente. Il risveglio è stato all’insegna del rispetto, della sobrietà, perché un ragazzo di 29 anni, fino a qualche ora prima sorridente e felice come un qualsiasi figlio di Salerno, aveva lasciato troppo presto questo mondo.
Difficile raccontare il vortice di emozioni che ha accompagnato la terza promozione in serie A della Salernitana, attesa da ventitré anni e arrivata su un campo maledetto, l’Adriatico di Pescara violato finalmente nel giorno dei giorni granata dopo anni di cocenti delusioni e altrettanti sfottò.
Spezza l’incantesimo la creatura di Fabrizio Castori, tecnico capace di vincere ovunque, senza distinzioni di classe tra Terza Categoria e Olimpo del Calcio, dove arriva guidando la formazione con l’ippocampo sul petto così simile al proprio allenatore. Generosità, concretezza, voglia di lasciare tutto su un campo di gioco e la consapevolezza di poter dare filo da torcere a tutti, sfidando pronostici di addetti ai lavori, tifosi, bookmakers. Tutti smentiti a suon di sudore, duelli vinti, e quel pizzico di fortuna che, si sa, aiuta solo gli audaci.
Il 10 maggio diventa ancora una volta capodanno granata, dopo la promozione di Rossilandia in serie A del ’98, quella invece a suon di goleade e 4-3-3 da interpretare come un dogma piuttosto che come sistema di gioco.
Anche allora la festa fu all’insegna della sobrietà, che all’epoca l’alluvione di Sarno lasciò tutti nel silenzio, nonostante un traguardo arrivato quasi mezzo secolo dopo. Triste, drammatico, beffardo destino, quello che accompagna le gioie più grandi vissute da chi ha l’ippocampo al cuore, abituato sì a soffrire, sennò non tiferebbe Salernitana, e anzi forse la ama ancora di più proprio quando c’è da dare, piuttosto che da chiedere.
“La serie A è tua…”, lo striscione che amici e tifosi hanno dedicato a Loris durante i funerali svoltisi nella chiesa di San Demetrio questa mattina. Ieri squadra e ultras avevano chiesto di evitare qualsiasi forma di celebrazione, appello seguito con grande senso di responsabilità dalla stragrande maggioranza della torcida.
“Non sapete che vi siete persi”, lo striscione esposto con geniale autoironia dai tifosi del Napoli nei pressi del cimitero dopo il primo storico scudetto del club partenopeo. Più banale, sicuramente, ma non meno sentito, il nostro pensiero.
“La serie A è tua…”, il messaggio rivolto a Loris, e a tutti quelli, che anche da lassù, avranno almeno sorriso per un traguardo ambito, bramato, desiderato con fervore da un’intera città. Anche dai tanti figli, zii, padri, nonni, fratelli di questa città. E qualche lacrima sarà scesa non solo per la promozione, ma anche ripensando alle tante partite viste insieme, alle sciarpette e alle magliette regalate, ai racconti di partite storiche, a una passione che come recita anche un coro, si tramanda di padre in figlio. Senza nomi, non c’è bisogno di farne. Ognuno sa.
Un’eccezione, però, la faremo.
A chi di questa squadra ne ha parlato con infinito amore fino all’ultimo sospiro, come Pietro Nardiello e Fulvio De Maio, gente con il granata nelle vene e preziosi custodi di “salernitanità”, che hanno reso dannatamente più tristi due vigilie così simboliche e sono arrivati a pochi passi dal traguardo.
“La serie A è vostra…”.
s.m.
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