di MATTEO VICINANZA
Da quasi 35 anni va avanti il sostegno della camorra ai due killer dell’attentato a Giancarlo Siani, giornalista del Mattino ucciso sotto casa sua nel quartiere Vomero di Napoli la sera del 23 settembre 1985 da Ciro Cappuccio ed Armando Del Core. E’ quanto emerge dall’indagine svolta dai carabinieri coordinati dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, che ha assestato un duro colpo alla criminalità organizzata di Marano di Napoli, facendo notificare al giudice per l’indagini preliminari 16 misure cautelari nei confronti di alcune persone che erano legate al clan Polverino ed accusate di associazione a delinquere con finalità nello spaccio di droga e sostanze stupefacenti e nell’intestazione fittizia di beni, reati che erano aggravati dal metodo mafioso.
Le così dette “mesate” e l’apporto economico a coloro che sono caduti ed hanno soddisfatto al dovere criminale o a chi con la sua fedeltà alla camorra sta pagando il carcere. Non è normale e non è una novità per chi conosce bene le dinamiche mafiose. Ma certamente può definirsi singolare che per questi due killer e per le loro famiglie l’ingente flusso di denaro è rimasto ininterrotto, per tutto il tempo passato, visto che il controllo degli illeciti e degli affari sia stato gestito da ben tre clan che gestivano quella zona della Città di Napoli e che sono: Nuvoletta, Polverino ed Orlando.
Per Paolo, il fratello di Giancarlo Siani, l’indagine ha dimostrato che la lotta contro le mafie non deve essere combattuta solo dai magistrati ma anche dalle forze dell’ordine. Non bastano gli arresti e le manette, ma c’è bisogno di un massiccio intervento sociale da svolgere sul territorio. Bisogna ridare una forte speranza ed opportunità perché il vero lavoro che può dare benessere ai cittadini non è quello mafioso ma quello dello Stato. Le notizie di quell’epoca ci dicono che Cappuccio e Del Core dopo aver compiuto l’attentato contro Giancarlo Siani fossero ritornati nel loro nascondiglio per festeggiare con i boss che gli avevano dato l’ordine stappando una bottiglia di champagne. La decisione che Giancarlo Siani dovesse morire fu presa dai clan Nuvoletta-Gionta, con i due boss Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante che vollero togliere l’onta dell’infamia, in quanto in un articolo scritto da Giancarlo Siani si diceva che l’arresto del boss Valentino Gionta fu reso possibile grazie ad una spiata dei suoi alleati, per l’appunto i Nuvoletta.
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